Se volessimo scattare una fotografia del panorama lavorativo femminile in Italia, l'obiettivo ci restituirebbe un'immagine in bianco e nero, di altri tempi, che potremmo definire senza dubbio anacronistica: la percentuale di donne ai vertici aziendali nel nostro Paese è infatti ancora molto bassa, inchiodata a un misero 6,8% fino al 2011, mentre Paesi che già rimangono in coda nelle classifiche internazionali, si pensi a Bulgaria e Romania, ci distaccano con un bel 12%.

Ecco che allora, se non vogliamo perdere il treno della competitività, una riflessione sui temi della gender diversity non è solo urgente ma imperativa. Anche perché, è dimostrato, l'inclusione nei CdA delle donne rappresenta un vantaggio e non soltanto da un punto di vista sociale ma soprattutto economico perché le performance di imprese multi-genere son ben superiori a quelle di imprese maschili.
Viaggia in questa direzione Valore D, la prima associazione di grandi imprese creata in Italia per sostenere la leadership femminile in azienda. Per analizzare le origini di questo divario l'associazione ha commissionato uno studio a McKinsey & Company da cui emerge che in primo luogo il problema risiede nella cultura del nostro Paese in base alla quale alla donna si affidano prevalentemente incarichi familiari.
E si scopre allora che in Italia non è bassa solo la percentuale di donne ai posti di comando ma anche, più banalmente, quella di semplici lavoratrici: sono il 45% rispetto a una media che in Europa è superiore al 60%. A questo si somma poi una minor disponibilità di tempo dedicato al lavoro fuori casa. Traduzione: la probabilità di fare carriera è scarsina.

Ma non è tutto perché ci si mettono poi le donne stesse, ammettiamolo, a non far andar bene le cose: poche, dice McKinsey, riescono a proporsi per posizioni per cui possono legittimamente aspirare. E infine ci sono le aziende. Sono loro le prime a doversi porre un problema che non è solo etico ma anche economico. Se infatti è vero che il 56% dei laureati con voti migliori sono donne, riuscire ad attrarre queste risorse diventa decisamente "conveniente". Ma fortunatamente non sono poche quelle che si sono mosse in tal senso. Sempre di più adottano iniziative di gender diversity, programmi di formazione, supporto del work life balance. Sisal è tra queste e in un'ottica di CSR, da tempo ha adottato una politica di diversity management.

Nel 2011, associata a Valore D, Sisal ha infatti avviato un progetto attraverso il quale si propone di diffondere una campagna di sensibilizzazione sul ruolo femminile all'interno dell'azienda, di eliminare gli ostacoli che ne limitano le carriere e riconoscere e promuovere le donne di talento della società. Insomma un modo per procedere a passo più spedito, su una strada che rimane ancora lunga…


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