Negli ultimi anni si è registrata una crescente attenzione nei confronti del tema dello sviluppo sostenibile ed è stata superata l’idea che la sostenibilità sia unicamente una questione ambientale, con l’affermazione di una visione integrata delle diverse componenti di sviluppo.
Le Nazioni Unite hanno espresso un chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale. Partendo da questa riflessione, nel settembre del 2015, l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha lanciato i Sustainable Development Goals (SDGs), 17 grandi obiettivi globali contenuti in un piano d'azione su cui i Governi dei 193 Paesi membri hanno trovato convergenza, con la relativa Agenda che traguarda il loro raggiungimento entro il 2030 (“Agenda 2030”).
Mi piace ricordare il recente intervento di Ban Ki-moon – Segretario Generale dell’ONU: “Siamo a un bivio storico e la direzione che prenderemo determinerà il successo o il fallimento. Con un’economia globalizzata e tecnologie sofisticate possiamo decidere di chiudere l’epoca della povertà estrema e della fame. O possiamo continuare a degradare il nostro pianeta ed accettare intollerabili disuguaglianze che generano
l’amarezza e la disperazione. La nostra ambizione è di raggiungere lo sviluppo sostenibile per tutti”.
Sempre più organizzazioni offrono al mercato prodotti e servizi che, oltre a garantire la migliore qualità possibile, cercano di assicurare anche un comportamento responsabile nei confronti dell’ambiente e della società. Si tratta di una nuova frontiera del business; le aziende volontariamente si fanno carico di una triplice responsabilità nei confronti del mercato e della società – economica, ambientale e sociale.
La responsabilità economica, sociale e ambientale di un’impresa, non solo dal punto di vista delle azioni dirette, ma anche del contributo sull’intero sistema economico, viene considerata dagli stakeholder di riferimento come un parametro sempre più rilevante per guidare le scelte di investimento.
Nel 2017 The European House – Ambrosetti, primo Think Tank privato italiano e tra i primi 10 in Europa, ha realizzato una survey sui principali investitori istituzionali, con l’obiettivo di capire quali aspetti guidassero le loro scelte di investimento. Gli operatori che hanno risposto gestiscono 4.436 miliardi di Euro, equivalente alla somma del Prodotto Interno Lordo di Italia, Francia e Spagna e ritengono che il livello di responsabilità socio-ambientale sia tra i primi cinque criteri da monitorare per selezionare le società in cui investire.
Alla luce di queste considerazioni, The European House – Ambrosetti ha sviluppato un modello quali-quantitativo per misurare il valore di un sistema economico per un territorio e per il Sistema Paese, il modello dei “Quattro Capitali”. Il contributo alla creazione di valore e allo sviluppo sostenibile del capitale territoriale da parte di un’azienda, di un ente o di un settore economico può essere infatti declinato in quattro aree fondamentali («Capitali»): il capitale economico, il capitale sociale, il capitale cognitivo e il capitale ambientale.
In un contesto competitivo e dinamico è indispensabile per un’impresa o un’Istituzione dotarsi di una “bussola della sostenibilità”, che metta ben in evidenza gli aspetti di valore e le ricadute positive derivanti dalla propria attività, oltre a fornire suggerimenti su come potenziarli ulteriormente.
Essere considerati un’azienda proiettata verso lo sviluppo sostenibile è un asset fondamentale per le relazioni con tutti gli stakeholder, a qualsiasi livello. Come imprenditori e classe dirigente dobbiamo impegnarci con entusiasmo nella sfida più grande di questo secolo, perseguire uno sviluppo sostenibile.
Un’azienda che non abbia una visione di questo tipo è una realtà che rischia di essere “fuori dai giochi”!