Roberto Poli, Presidente Skopìa

Lavorare con il futuro non significa prevedere quello che accadrà. Solo chi non conosce la natura del futuro e non ha intravisto la lezione della complessità – forse la più importante novità scientifica degli ultimi decenni – può pensare che lavorare con il futuro significhi sapere che cosa succederà.

La previsione è letteralmente una componente minuscola degli studi di futuro. La chiave di volta del lavorare con il futuro non è tanto la previsione di ciò che accadrà – per fortuna il mondo è sempre più ricco e sorprendente dei nostri modelli – quanto l’essere aperti alle novità, pronti alle sorprese e il prepararsi a gestirle.

Non è però sufficiente sapere che domani le cose saranno diverse da come sono oggi. Limitarsi alla constatazione che le cose sono già cambiate molte volte e continueranno a cambiare è una constatazione ampiamente insufficiente. Ad essa va aggiunta la comprensione della progressiva accelerazione dei cambiamenti.

L’intero ventesimo secolo ha visto succedersi cambiamenti sempre più veloci e non c’è alcuna ragione per pensare che il ventunesimo secolo ne vedrà di minori. Casomai, ci aspettano trasformazioni ancora più veloci e radicali. Non si tratta solo delle peraltro ampiamente annunciate evoluzioni tecnologiche in arrivo, ma anche dei cambiamenti sociali e culturali in preparazione e delle loro reciproche interazioni.

Il complesso dei cambiamenti e in particolare la loro costante accelerazione aumenta l’incertezza di persone, istituzioni e aziende. Le informazioni che vengono dal passato – ovvero la nostra esperienza – non sono più sufficienti per sapere cosa dobbiamo fare e quali decisioni dobbiamo prendere. Dobbiamo aumentare la base informativa che usiamo per prendere decisioni, ma dove possiamo prendere le informazioni che mancano?

Se le informazioni dal passato non sono più sufficienti per sapere cosa fare, ci rimane la possibilità di raccogliere informazioni dal futuro: esplorare metodicamente i modi in cui le cose possono andare per capire meglio le possibili conseguenze delle nostre azioni. 

Tre aspetti sono centrali. 

Primo, passare dall’idea di futuro, al singolare, all’idea di futuri, al plurale. 

Secondo, rendere espliciti i diversi futuri. Se i diversi futuri sono stati esplicitati, nero su bianco, li possiamo usare come strumenti di lavoro, li possiamo discutere e possiamo chiederci quali conseguenze avranno sul nostro business. 

Terzo, in una situazione di cambiamenti in accelerazione, dobbiamo corrispondentemente aumentare la profondità del futuro da esplorare, autorizzandoci a guardare molto al di là delle usuali finestre temporali e operative. Come diceva uno dei padri fondatori degli studi di futuro, più veloce va l’automobile più lontano devono illuminare i fari. Se vedo i cambiamenti in arrivo, siano essi problemi o siano opportunità, posso provare a prepararmi. 

Sviluppare competenze di futuro in un contesto organizzativo – letteralmente imparare a lavorare con il futuro – richiede lo sviluppo di esplicite abilità e competenze. Nello stesso modo in cui nessuna persona seria correrebbe la maratona senza un robusto addestramento, serve un adeguato addestramento anche per lavorare con il futuro. 

A partire dal 2015, la start up dell’Università di Trento - skopìa ha sviluppato una solida metodologia per accompagnare le aziende a leggere e a lavorare con i futuri possibili.

 

 

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