C'è il sorriso della statunitense Jennyfer Suhr, campionessa nel salto con l'asta, che a fine gara, quella che le ha permesso di tornare a casa con l'oro in tasca, ha regalato un lungo abbraccio alla rivale sconfitta, la cubana Yarisley Silva, sul podio con lei con la medaglia d'argento. Un gesto come tanti, uno tra i molti di quelli che si sono visti nel corso di queste Olimpiadi di Londra, eppure quasi unico perché la stretta è tra due sportive di Paesi che da 50 anni si guardano in cagnesco separati da 180 chilometri di mare. Un abbraccio immenso, carico di una valenza simbolica emozionante, che ha avvolto tifosi di uno e dell'altro Paese.

C'è poi Jessica Rossi, l'italiana regina del tiro al piattello: 99 colpi su 100, una medaglia d'oro e una dedica di quelle che, come il suo fucile, colpiscono dritte al cuore, tifosi e avversari: l'atleta emiliana ha rivolto il suo primo pensiero alla sua regione e ai suoi abitanti, colpiti dal terremoto lo scorso maggio. "La dedica ¿ ha detto commossa l'azzurra - è per tutta la mia grandissima Emilia che non deve mollare mai, come ho fatto io oggi" .

C'è infine un atleta, che ha corso sulla pista dei 400 metri e solo per questo, indipendentemente dal risultato, ha vinto la sua sfida personale. Al posto delle gambe due protesi di fibra di carbonio. Perché la forza degli sportivi veri non è solo nei muscoli ma nella volontà e nella tenacia, le doti che hanno permesso a Oscar Pistorius di gareggiare tra i normodotati alle Olimpiadi di Londra e di centrare quindi il suo obiettivo. Il sudafricano, italiano d'adozione, ha chiuso la sua semifinale all'ultimo posto in 46''54. E dopo avere tagliato il traguardo Oscar ha ringraziato i tifosi, in tanti lì a battere le mani per lui, e si è scambiato il pettorale con l'avversario Kirani Janes.

Certo, non tutto è oro quello che luccica all'ombra della fiaccola di Olimpia: in questa edizione non sono mancati anche episodi che hanno davvero poco a che fare con il fair play. Come il vigoroso pugno assestato dal giocatore di basket francese Nicolas Batum allo sventurato avversario spagnolo Navarro durante il match olimpico che ha visto trionfare gli iberici per 66 a 59.

Già, perché lo sport, per la sua natura competitiva, trascina, emoziona e spesso infiamma. Troppo a volte e con conseguenze negative per atleti e tifosi. Anche per questo, in una politica di CSR, Sisal ha aderito già dallo scorso anno, al progetto "Io tifo positivo", un'iniziativa, promossa da Comunità Nuova agli studenti del biennio superiore, con cui Sisal si pone l'obiettivo di educare ai valori positivi dello sport e contrastare il tifo violento e aggressivo. Perché lo sport è soprattutto gioco, un gran bel gioco.


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